Non è semplicemente una “buzzword”: la digital transformation nei luoghi di lavoro è un processo inevitabile che già in corso. E non da ieri.
C’è chi lo chiama smart working, chi lo definisce un modo più intelligente di lavorare, c’è chi lo misura in termini di efficacia e di produttività.
Di fatto, alla base di questo cambiamento vi sono nuove capacità di vision e nuovi approcci strategici che mettono al centro le persone e la loro capacità di collaborare e interagire, sia all’interno di team funzionali, sia trasversalmente lungo l’organizzazione o la filiera.
Vi è, in sintesi estrema, un forte cambiamento culturale accompagnato, va da sé, da un processo di innovazione anche degli strumenti in uso in una logica di sempre crescente integrazione.
È un fatto che all’interno delle organizzazioni aziendali si tenda oggi a lavorare in team ristretti che operano in modo parallelo, ciascuno su task specifici, che richiedono un importante lavoro di coordinamento, integrazione e sintesi, abilitato da un’infrastruttura tecnologica in grado di risolvere la complessità senza perdere l’efficacia.

Lo smart working regolato per legge in Italia

Su tutto questo, nel nostro Paese, si è innestato dalla scorsa primavera anche un importante cambiamento di tipo legislativo: lo scorso 10 maggio, il Senato della Repubblica ha infatti approvato in via definitiva il testo del Disegno di legge AC. N. 2233B che disciplina  lo smart working, definito, “l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.
È vero, il legislatore ha affrontato il tema dello smart working dal punto di vista dei luoghi e degli spazi deputati allo svolgimento delle proprie mansioni, ma non vi è dubbio che anche in ragione del nuovo quadro normativo si stanno aprendo nuove prospettive in termini di gestione dei dipendenti e dei flussi di lavoro, delle comunicazioni e delle filiere.
Così come non vi è dubbio che la tecnologia giochi un ruolo chiave in tutto questo processo.
Perché quando si parla di digital transformation nei luoghi di lavoro si pensa anche all’applicazione di tecnologie avanzate per connettere persone, spazi, oggetti ai processi di business, con l’obiettivo di aumentare la produttività, innovare, coinvolgere persone e gruppi di lavoro.

Un approccio strategico e il framework di Cisco

Tutto questo richiede comunque un approccio strategico, non casuale, che prenda in corretta considerazione l’intero framework di un digital workspace.

Cisco, che da tempo indirizza non solo con le proprie soluzioni ma prima ancora con la propria vision strategica le esigenze di un mondo sempre più votato alla collaboration, ha sviluppato un vero e proprio framework del digital workspace, organizzato su più livelli: gli attori, i bisogni, gli strumenti e i processi.

Nell’accezione di Cisco, gli attori sono tutti gli elementi che fanno parte di uno workspace, inteso in senso lato. Dunque le persone, gli spazi fisici e gli spazi virtuali, gli oggetti fisici e gli oggetti virtuali, tutti interconnessi tra loro. E se è facile individuare nelle “persone” i dipendenti e i collaboratori interni ed esterni che prendono parte a un processo, se è facile comprendere il crescente affiancamento di luoghi virtuali (sale conferenze, chat, social network) ai tradizionali luoghi fisici nei quali il lavoro viene svolto, quando invece si parla di oggetti fisici e virtuali i confini sono forse meno evidenti.
Quando si parla di oggetti fisici il riferimento è non solo agli strumenti informatici, ma anche a tutti quegli oggetti che, se sensorizzati in una logica IoT, diventano essi stessi parte attiva del flusso di informazioni. Gli oggetti virtuali sono invece tutti i dati e le informazioni che costituiscono il patrimonio di un’azienda o di un gruppo di lavoro.

I sette bisogni del Digital Workspace

Similmente, Cisco ha classificato i sette bisogni essenziali perché il processo di trasformazione sia efficace. Sono bisogni critici per ciascuno dei cinque attori sopra citati. Eccoli in sintesi:

  • Identificare, Catalogare: vale a dire individuare e gestire informazioni presenti, passate e persino future su persone, luoghi e cose, armonizzare repository disomogenei, definire una metodologia per la raccolta, la conservazione, la gestione, l’aggiornamento degli asset di dati.
  • Assign, Allocate: vale a dire saper trovare le persone, i luoghi e gli oggetti necessari per ogni specifico bisogno, saper assegnare ruoli e responsabilità, il tutto in una logica di massima agilità.
  • Equip, Enable: significa rendere disponibili gli strumenti, le funzionalità e le informazioni necessarie. Nell’idea di Cisco, significa prendere in esame tutte le necessità, anche quelle apparentemente più ovvie: l’accesso al CRM per un venditore, un telefono in una conference room.
  • Connect, Interact: La collaboration è il pilastro portante del processo di digital transformation e dello smart working. Si parla sempre più spesso di interconnessione di persone, spazi e cose: per questo è importante che questa interazione sia favorita dall’utilizzo di interfacce semplici e intuitive.
  • Monitor, Evaluate: significa misurare e analizzare gli indicatori chiave, con l’obiettivo di identificare i problemi, eventualmente prevenirli, sicuramente risolverli. Il presupposto è chiaro: se non è possibile misurare qualcosa, non è possibile comprenderla; se non si può comprenderla non si può controllarla; se non si può controllarla non si può migliorarla. È chiaro che una delle sfide è comprendere cosa valga la pena monitorare e in quale contesto.
    Per un asset manager, ad esempio, è sicuramente importante misurare i partecipanti a una riunione in relazione all’occupazione delle meeting room e alla disponibilità di servizi quali la videoconferenza.
    La stessa informazione, per un HR manager, ha valenza solo in relazione all’allocazione temporale di ciascun partecipante.
  • Nurture, Mantain: per poter trarre massimo valore dalle risorse disponibili, siano essi collaboratori o spazi di lavoro, è necessario dedicare tempo ed energie alle attività di motivazione, in relazione alle persone, di miglioramento, di manutenzione. Meglio se in modalità proattiva, dunque in una logica che punta a evitare i momenti di “failure”, anticipando i problemi prima che diventino tali.
  • Secure, Protect: significa garantire adeguate protezioni e sicurezze fisiche e virtuali a persone, cose, spazi. È un elemento chiave che ha un impatto importante anche sulla produttività dei dipendenti: la loro percezione rispetto alla loro tutela e a quella del loro lavoro si riflette inevitabilmente anche sulla loro motivazione e sulla loro capacità di engagement.

Cisco Spark: la collaboration si gioca nel cloud

Come si inserisce Cisco Spark in questo scenario?
Cisco Spark è un servizio cloud based che offre ai team di lavoro una vera e propria suite di strumenti di collaborazione: dalla creazione alla condivisione, dalla messaggistica alle riunioni, dalle chiamate all’assistenza in una logica di “continuous workstream”, vale a dire flusso di lavoro continuo.

È una soluzione nata per il nuovo digital workplace, pensata per integrarsi nei processi organizzativi e di business e nelle applicazioni e negli strumenti normalmente utilizzati all’interno dell’azienda.
Cisco Spark abilita la collaborazione sicura tra team fisici e virtuali, in spazi fisici e virtuali e soddisfa quei criteri di semplicità d’uso e gestione che abbiamo identificati come cruciali nello smart working.
In Spark, Cisco ha fatto confluire i suoi servizi di unified communication, videoconferencing, online meeting, telefonia, customer experience.

Spark, di fatto, riunisce sotto un unico ombrello un servizio di collaboration, una piattaforma ibrida di servizi e uno spazio per gli sviluppatori.
Questo significa che gli utenti possono utilizzare Spark direttamente dal cloud di Cisco, che i partner possono integrarla in modalità Spark Hybrid Service dai loro cloud e che gli sviluppatori, grazie alle Api aperte, possono integrarla con le loro applicazioni.

Lanciata due anni fa, quest’anno Cisco Spark è stata completata dall’arrivo di Cisco Spark Board, una soluzione all-in-one che unisce in un’unica soluzione un dispositivo per videoconferenze, una whiteboard e un display per presentazioni.
Non un monitor, ma un dispositivo connesso e integrato, un vero e proprio terminale della piattaforma Spark.
All’interno di una sala riunioni, Spark Board riconosce i dispositivi in uso a ciascuno dei partecipanti, mentre, durante un meeting, ha funzionalità di whiteboarding collaborativa e dunque consente far accedere tutti i partecipanti, anche coloro che si connettono da remoto via App, a tutti i documenti e a tutte le informazioni necessarie, sia prima, sia durante, sia successivamente alla chiusura della riunione stessa.

Una case history significativa sull’uso di Cisco Spark all’interno di realtà che stanno affrontando il tema della digital transformation con percorsi di migrazione a Industria 4.0 è quello che abbiamo raccontato in occasione della visita alla Lean  Experience Factory, il laboratorio esperienziale di McKinsey.